Come psicologo ho spesso a che fare con quella che può essere definita “crisi adolescenziale”.
Cosa comportano queste crisi?
Anzitutto disorientano. Non si capisce se sono parte della fase di crescita e maturazione, accompagnata da cambiamenti fisici e di prospettiva, oppure se sono il sintomo di un problema nascosto, che non è tipico di tutti gli adolescenti.
I tipici problemi dell’adolescenza
Ci sono poi fattori concomitanti che l’adolescente stesso può riconoscere, e che si manifestano nella quotidianità:
- Eccessive ansia e preoccupazione;
- Incapacità di percepire il proprio valore;
- Senso di solitudine e ribellione verso gli altri;
- Problemi d’umore, che vanno da una lieve tristezza a veri e propri stati depressivi;
- Aumento dei conflitti tra coetanei;
- Senso di ostilità percepito da parte e verso i genitori.
Questi stati d’animo conducono a situazioni di:
- Stress;
- Momenti di panico;
- Peggiorato andamento scolastico;
- Incapacità di seguire gli impegni;
- Pigrizia;
- Tendenza a isolarsi nella propria camera;
- Disturbi alimentari o irregolarità nei pasti;
- Scarsa disponibilità a socializzare;
- Ricerca constante di attività di evasione (come giocare ai videogiochi e guardare video online) che non richiedono la presenza o il giudizio di altre persone.
La crisi adolescenziale si inserisce in un periodo di forti cambiamenti fisici e psicologici e ha la stessa rilevanza per ragazzi e ragazze.
Le 3 fasi dell’adolescenza
La prima fase inizia con la pubertà, intorno agli 11-12 anni. Numerosi cambiamenti fisici e ormonali accompagnano lo sviluppo psicologico, che si riflette nella sperimentazione di emozioni e relazioni sociali più intense. Inoltre, aumenta l’indipendenza dai genitori e si sviluppano le prime forme di pensiero astratto e di esplorazione dell’identità.
Nella seconda fase, che coincide con l’inizio delle scuole superiori (14-15 anni), si raggiunge il picco della pubertà, lo sviluppo fisico è quasi completo. L’intensificazione emotiva continua, ma con maggiore stabilità. Si formano relazioni più mature, e si affina il pensiero critico con lo sviluppo di interessi più specifici.
Infine, nell’ultima fase, che va anche oltre il raggiungimento della maggiore età e arriva a coincidere con i primi anni di università o di lavoro (18 anni in su), la crescita fisica si completa. Non solo si smette di crescere, ma si raggiunge un aspetto fisico che sarà più o meno lo stesso per un po’ di anni, con pochi dettagli che cambiano. Questa “stabilità fisica” favorisce una certa “stabilità emotiva” in primo luogo e un consolidamento dell’identità. Si prepara l’indipendenza dalla famiglia, orientandosi verso relazioni con coetanei o partner romantici. Il pensiero astratto e la capacità di pianificazione raggiungono il massimo, rivolti a decisioni e prospettive future.
Durante queste tre fasi possono insorgere sfide e questioni che fanno parte dei normali processo di sviluppo. Tuttavia, in alcuni casi i problemi persistono: la crisi adolescenziale riguarda proprio questi problemi non risolti.
Nei casi che affronto è prevalente l’insorgere di una crisi adolescenziale durante la prima e la terza fase. Si tratta di due momenti di passaggio fondamentali che coincidono sostanzialmente con l’inizio e la fine del periodo adolescenziale.
Cosa succede dopo la pubertà?
Una volta superata la prima fase e accettati i cambiamenti, si passa a quella successiva in cui iniziano a defilarsi le dinamiche tipiche di questa età (coincidente con l’inizio della scuola media superiore, quando si conoscono nuove persone). Parliamo delle prime esperienze di natura sessuale, che coincidono con un ampliamento della fase della scoperta del mondo e di sé stessi, che però coincide con l’aumento della responsabilità personale.
I professori sono più severi, il carico di studi aumenta, i genitori spingono perché arrivino buoni voti e si intraprenda già una forma di carriera (ad esempio seguendo uno sport o un’attività ricreativa collaterale).
In questa fase, inoltre, gli adolescenti iniziano a frequentare coetanei con interessi simili, influenzandosi e sostenendosi a vicenda.
Queste sfide possono essere accolte in modo positivo, ma capita anche che generino quei problemi che abbiamo definito all’inizio. Ecco due esempi:
- Matteo, 16 anni, non si sente adeguato e all’altezza rispetto ad alcuni compagni di classe. La mancanza di fiducia in sé stesso lo porta a una bassa autostima e a un isolamento insolito per un’età riservata alla scoperta.
- Sofia ha 14 anni e come Matteo percepisce di non essere allo stesso livello di altre compagne. Vede modelli fisici e comportamentali di successo, che sono in netto contrasto con il suo. Ha la sensazione di essere in lotta contro tutti e matura una profonda ostilità, che la porta all’isolamento. Non vuole parlarne, perché tanto non capirebbero.
Quando si assesta questa fase, la conflittualità viene spesso diretta verso i genitori.
Capiti che un adolescente manifesti ostilità verso i genitori, si senta incompreso, non abbia alcun canale di comunicazione, e abbia come la sensazione di parlare una lingua diversa.
Riconoscere una crisi adolescenziale da un momento di normale passaggio
La crisi adolescenziale è un inasprimento dei turbamenti e dei problemi legati a un normale periodo di crescita e maturazione.
Diventa più problematica quando le concause e le conseguenze si sommano, fino a non poterle distinguere più. Questo senso di confusione su cosa e chi determina certi comportamenti è straniante per l’adolescente.
Il bersaglio numero uno diventa, magari, il genitore più severo e meno permissivo.
Lo scarto di età presente tra genitore e adolescente acuisce la sensazione di incomunicabilità e irresolutezza. Qui – se sei un genitore – noti la maggior frizione. Come genitore hai già vissuto questa fase, ma ne ricordi solo gli aspetti migliori.
In fondo si parla dell’adolescenza come dei “migliori anni della nostra vita”, ma questa visione nostalgica fa a meno di ricordare le turbe, i pensieri e i patimenti passati al tempo. Come genitore potresti pensare che sia tutto normale, mentre per tuo figlio o tua figlia è il contrario.
Riconoscere la differenza tra il normale andamento delle cose e una crisi adolescenziale è fondamentale sia per i genitori (spesso portati ad oscillare tra disinteresse ed eccesso di attenzione), sia per i figli.
In quanto psicologo che lavora con adolescenti, ho notato che si tratta dell’aspetto più delicato, perché è difficile aprirsi, confidarsi, sentirsi al sicuro mentre si parla dei propri problemi. Specie quando questi, a cascata, ne generano altri: andare male a scuola, mostrare mancanza di rispetto, avere disturbi alimentari, tendenza a isolarsi e non fare nulla e così via. Cose per le quali, giustamente, un genitore si preoccupa.
Il supporto psicologico può dare una mano concreta, e a volte basta una Seduta Singola per capire dove intervenire e iniziare a lavorarci, risolvendo queste crisi in tempi brevi.